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22/06/2009

DOPING - Giallo Rebellin, positività fasulla? Chiesto l’esame del dna, il Cio lo nega

Lunedì 22 giugno 2009 - E’ un caso misterioso, con risvolti gialli degni di un’inchiesta del commissario Maigret: perché non si sa più nulla delle controanalisi di Davide Rebellin, trovato positivo dopo quasi un anno alle Olimpiadi di Pechino nella prova di ciclismo su strada che gli valse l’argento? Che cosa sta accadendo attorno al veneto che continua ad allenarsi, giurando sulla propria innocenza? Andiamo con ordine, riassumendo i fatti.
Il 28 aprile scorso il Cio annunciò che sei atleti erano risultati positivi alle Olimpiadi di Pechino 2008 per l’eritropoietina di tipo Cera.
Uno di questi sei riguardava lo sport italiano, essendo appunto Rebellin, secondo dietro Samuel Sanchez nella corsa su strada di ciclismo. Il Comitato Olimpico Internazionale specificava che le positività al Cera erano sette su 847 controlli antidoping effettuati, ma che riguardavano solo sei atleti, in quanto uno di questi era incappato in una doppia infrazione.
Nel corso dei giorni seguenti si scoprirono anche gli altri nominativi e veniva specificato che le positività erano state riscontrate in seguito a metodi nuovi di esame su campioni congelati per mesi dall’agosto 2008. Gli atleti finiti nella rete erano l’altro corridore Stefan Schumacher (Germania), nonché tre elementi dell’atletica leggera: il vincitrice dei 1500 Rashid Ramzi, marocchino che in Cina ha gareggiato per i colori del Bahrein; la marciatrice greca Athanasia Tsoumeleka, olimpionica nel 2004 e ormai ritiratasi dall’attività; l’ottocentista croata Vanja Perisic.
Per ultimo, veniva fatto il nome anche della sollevatrice di pesi domenicana Yudelquis Contreras, 23 anni, vincitrice ai Giochi Panamericani di Rio 2007 nella categoria -53 kg e quinta alle Olimpiadi di Pechino.
Cinque giorni fa, ecco la prima notizia choc: proprio Yudelquis Contreras era scagionata dopo le controanalisi effettuate sul suo campione “B”. Lo confermava un portavoce del Cio, Mark Adams. L’atleta caraibica veniva prosciolta da ogni accusa. Come dire: “Abbia pazienza, ci siamo sbagliati, cerchi di capire”.
L’esito delle controanalisi sulla pesista rimetteva in discussione l’attendibilità dei rivoluzionari controlli antidoping voluti dal Cio e fatti a mesi di distanza dai primi test postgara.
Ritorniamo al “caso” di Davide Rebellin, che in questa delicata vicenda è seguito da un avvocato valente ed esperto in materia come Federico Cecconi. Risulta che le controanalisi sul campione “B” dell’azzurro siano state fatte oltre tre settimane fa. Perché al legale non è stato ancora ufficializzato il risultato? Seconda questione: la comunicazione della positività parla di “un test su uno dei cinque campioni” prelevati al corridore, ma Davide giura che i campioni fossero soltanto due, non uno di più. Che cosa è accaduto? Sono stati riaperti e suddivisi in cinque provette, contravvenendo ad elementari norme di procedura? E ancora: tutta la questione degli altri positivi è top secret, sotto procedura, e verrà discussa dalla Commissione del Cio il 28 luglio prossimo: perché non è ancora stata inoltrata la documentazione relativa, visto che la difesa deve presentare un proprio memoriale entro 20 giorni dall’udienza? Tutto troppo strano.
 C’è poi un particolare inquietante: ritenendosi pulito, Rebellin ha insistitio affinché gli inquirenti lo sottoponessero all’esame del dna, che molti atleti rifiutano ritenendolo invasivo della propria privacy. Ebbene, il Cio non vuole accontentare il ciclista azzurro, sostenendo che tale richiesta «non è prevista dal protocollo». Cosa si nasconde dietro i ritardi, le reticenza e la clamorosa riabilitazione della Contreras? Intanto Rebellin si allena come un pazzo, fiducioso di poter essere riabilitato.
Paolo Viberti - Tuttosport