Giovedì 4 maggio 2006 - Parla Roberto Caon, l’uomo protagonista del crac che ha prosciugato i risparmi di un gran numero di persone nell’area di Mestre Venezia. Ecco quanto dichiarato lo scorso 30 aprile al Gazzettino di Venezia. É passato un mese da quando è scoppiato il caso Caon . A distanza di trenta giorni dalle prime notizie, ora l'ex funzionario di banca ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti. Di confermare alcuni aspetti emersi in queste settimane, ma soprattutto di chiarire alcuni passaggi, non certo tutti, dell'ammanco che lo ha travolto e che ha gettato sul lastrico i suoi clienti nei primi mesi di quest'anno. Una storia che va letta e riletta e che soprattutto consente di avere un quadro a 360 gradi per un episodio che ha coinvolto almeno una cinquantina di persone, tutti risparmiatori che avevano affidato i propri soldi all'ex funzionario mestrino, ritenuto da tutti come uno degli uomini più capaci dell'agenzia Banca Intesa di via Lazzari, a due passi dal Centro Barche. Non tutto, ovviamente, viene chiarito nelle risposte dell'ex funzionario di Banca Intesa, ma va comunque dato atto a Caon di aver accettato di rispondere alle domande del "Gazzettino". Dove si trova ora? Può dircelo? Al Nord, al Sud d'Italia oppure all'estero? «In Italia, sono sempre reperibile dalla magistratura. Non sono a casa per evitare di alimentare ulteriori tensioni verso le persone coinvolte in questa vicenda». Un crac finanziario dovuto alla volontà di aiutare un amico, perchè? «Il progetto era di sanare la tipografia dai debiti e di venderla. Col ricavato avrei recuperato i tanti soldi utilizzati, per pagare i debiti. Soldi sia miei, che dei clienti della banca». Quali sono state le motivazioni di partenza? «Il progetto iniziale era appunto risanare la tipografia e farla acquistare da Bruno Marchesin (allora titolare della Nuova Esa di Marcon, un'azienda di riciclaggio di rifiuti ndr). Io,una volta in pensione, avrei avuto un ruolo operativo all'interno di essa». Quando materialmente ha iniziato questo piano di aiuti nei confronti della tipografia Pistellato? «Negli anni Ottanta». Quali erano i suoi rapporti con Pistellato? «Buoni, di amicizia». Perchè Pistellato nega di aver avuto un aiuto da lei? «Bisognerebbe chiederlo a lui. Non so come possa dire una cosa del genere. Ho presentato al magistrato molti documenti che provano i pagamenti». Prima ha lavorato come funzionario al progetto di salvataggio della tipografia, poi ha proseguito anche quando era andato in pensione? Come avveniva l'approccio con i clienti? É vero che riceveva i suoi abituali clienti sempre all'interno della banca? «L'operazione è stata lunga e complessa. Il salvataggio richiedeva negli anni sempre più soldi. Facevo comunque tutto da solo». Ad un certo punto lei si è accorto che il meccanismo che aveva messo in atto era saltato, quali sono state le sue prime reazioni? «Di rabbia, di sconforto, ho passato dei momenti davvero infernali». Perchè le hanno concesso di continuare a lavorare nella banca? Aveva quel contratto di collaborazione che aveva spiegato ad alcuni dei suoi clienti? «Ho continuato a proporre operazioni di finanziamento ai vecchi clienti anche dopo il pensionamento. Ma erano tutte o quasi operazioni di rinnovo. Sui rapporti con la banca ho risposto al magistrato». Si è parlato di un coinvolgimento della ditta Nuova Esa. Conferma o smentisce questa ipotesi. «Ribadisco che il signor Bruno Marchesin, doveva essere colui che doveva acquistare la tipografia una volta risolti i problemi debitori. Il mio era un rapporto personale con Marchesin e non so assolutamente se sarebbero state coinvolte sue aziende». Molti risparmiatori che hanno perso i soldi si sono riuniti in un Comitato. Solo uno ha fatto una denuncia penale. Per il resto, nessuno si è mosso, ma non è escluso un risarcimento danni verso la Banca... «Le sembrerà strano, ma continuo a ricevere ancora oggi molti attestati di stima...» Che dice il memoriale che ha presentato in questi giorni al magistrato. «Su questo ha già riferito il mio legale, l'avvocato Claudio Maruzzi e non intendo aggiungere altro, anche per rispetto delle indagini in corso». Che ha da dire ai risparmiatori che sono rimasti senza soldi? «Le scuse non credo servano. Spero con tutto il cuore che possano recuperare i soldi perduti». E alla sua famiglia? «I miei famigliari mi sono sempre stati molto vicini in questo dramma e devo solo ringraziarli». Come si sente? In che modo sta vivendo in questo momento? «Mi sento un uomo finito, distrutto». Si sente braccato? «Ho solo bisogno di riposare e di stare in pace. In attesa che la giustizia faccia il suo corso» Come si augura finisca questa vicenda. «Spero che i risparmiatori vengano in un qualche modo risarciti. Per quanto mi riguarda, accetterò qualsiasi verdetto dal Tribunale». Se la sente di dire una parola di conforto alle persone che si sono fidate di lei. «Il conforto non credo se lo possano aspettare da me...» Chi è ora Roberto Caon ? «Gliel'ho detto. Un uomo finito». Paolo Navarro Dina - Gazzettino di Venezia
IL PRESONAGGIO - Un appassionato organizzatore di gare ciclistiche Roberto Caon , 62 anni, per il suo modo di operare è stato un personaggio che ha dato una importante svolta e crescita al ciclismo, in modo particolare a Mestre. La sue prime apparizioni nel mondo delle due ruote risalgono al 1983 e sono legate alle imprese per i record dell'ora realizzati da Francesco Moser. Caon , sull'onda dei successi del corridore trentino, costituì a Mestre, in particolare nella zona di Carpenedo, insieme ad un gruppo di tifosi del ciclismo, il primo ed unico club esistente in Italia dedicato alla "famiglia Moser". Proprio per l'amicizia che per anni lo ha legato a Moser realizzò insieme ad alcuni appassionati i Millemetri del Corso (inizialmente si chiamata il Chilometro del Corso), la competizione a cronometro individuale che si disputa a fine ottobre in Corso del Popolo a Mestre e realizzata con la collaborazione. LA VICENDA - Una vicenda intricata, un vero e proprio "feuilleton" d'appendice non fosse altro per i "colpi di scena" che si sono susseguiti dal 2 aprile scorso quando è balzato agli onori delle cronache. Ora Roberto Caon , 62 anni, ex funzionario dell'agenzia Banca Intesa di via Lazzari, racconta la propria verità. Molto conosciuto in città per la sua azione di infaticabile organizzatore di eventi sportivi, soprattutto nel mondo del ciclismo, Caon ha fatto perdere le proprie tracce all'inizio del gennaio scorso dopo aver illuso, probabilmente per l'ultima volta dopo tanti anni, fedeli amici e risparmiatori che a lui si erano rivolti da tempo per investire i propri soldi in una banca di fiducia. UNA STORIA TANTI INTERROGATIVI - Una vicenda che ha preso le mosse ancora in tempi non sospetti, quando la "bufera" di questi giorni era ben lontana. Il primo segnale di quello che si trasformerà nel crac Caon di questa parte del 2006 passa quasi sotto silenzio. Nel luglio dell'anno scorso, dopo una serie di segnalazioni giunte alla direzione dell'istituto di credito nel quale aveva lavorato fino al 2003 prima di andare in pensione, Banca Intesa, dopo un'indagine interna, ha deciso di denunciare il proprio ex dipendente alla Procura della Repubblica di Venezia per truffa e appropriazione indebita. L'indagine viene seguita dal sostituto procuratore Emma Rizzato che, poco dopo aver aperto un fascicolo, si vede ricevere un "memoriale" da parte dello stesso Caon nel quale, in poche paginette, spiega i motivi che hanno portato al crac finanziario indicando di aver utilizzato i soldi dei risparmiatori fin dalla metà degli anni Novanta per un'operazione di salvataggio della Tipografia Pistellato di Marghera, una gloriosa ditta che naviga in cattive acque. SCOPPIA LA BUFERA - L'indagine prosegue senza sobbalzi, ma con l'inizio del 2006, arriva una brusca accelerazione dovuta sostanzialmente al fatto che molti delle cedole sottoscritte dai risparmiatori che si erano affidati negli anni a Caon , giungono in scadenza. Ed è proprio agli sportelli della banca di riferimento che i risparmiatori hanno la loro doccia fredda. Più di uno, infatti, rivolgendosi all'istituto di credito pur avendo in mano certificati bollati e documentazione varia, tutta su carta intestata di Banca Intesa e accuratamente vidimata, firmata e timbrata, si accorgono che, in cassaforte, non hanno più un euro. Anni e anni di risparmio, denaro fondamentale di tante famiglie, letteralmente volatilizzato. Sparito nel nulla e senza alcun avviso da parte di Banca Intesa come lamenta più di un risparmiatore. UN CRAC MILIONARIO - Ed è proprio grazie ai truffati che, poco a poco, viene a galla tutta la drammatica situazione. Si fanno i primi conti degli ammanchi e, secondo un rapido calcolo, i denari mancanti sono tra i 30 e i 40 milioni di euro. Ci penserà poi il legale difensore di Roberto Caon , l'avvocato Claudio Maruzzi di Ferrara, a fissare - almeno per quel che compete la sua sfera legale - la quota in 10-12 milioni di euro. Non certo bruscolini, comunque. Il crac finanziario si trasforma a poco a poco in una voragine. Dall'inizio di aprile, emergono quotidianamente fatti nuovi. I risparmiatori truffati fanno conoscere non solo la loro disperazione, ma anche particolari importanti dell'intera vicenda. Viene a galla che Caon , nel tentativo di rastrellare soldi a destra e manca, non ha buggerato solo clienti abituali dell'istituto di credito nel quale lavorava, ma anche amici, molti parenti, anche il figlio, l'ex suocero e l'ex moglie, parecchi cugini e i soci dell'associazione ciclistica Fausto Coppi Gazzera nella quale Caon militava come dirigente prima di essere espulso con decisione unanime del sodalizio poco prima che scoppiasse l'intera vicenda. TRUFFATI PARENTI E AMICI - E tra l'altro, molti truffati svelano ai giornali locali che non solo Caon , funzionario dotato di molto carisma, li aveva agganciati sul posto di lavoro, nel pieno delle sue funzioni, ma che, anche dopo essere andato in quiescenza, essi stessi venivano ricevuti dall'ex bancario nei locali della banca, in una saletta di qua oppure nello studiolo dall'altra parte. Ma comunque sempre in agenzia. Qualche volte, quando invece le cose erano iniziate ad andare non proprio per il meglio, Caon si peritava di dare appuntamento ai suoi clienti nell'ingresso, nell'anticamera della banca oppure direttamente a domicilio, dove l'ex bancario giungeva portando con sè nientemeno che gli estratti conto dei suoi clienti. DIPENDENTE LICENZIATO IN TRONCO - E qui va aperta una prima parentesi. Come faceva Caon ad avere in tempo reale gli estratti conto dei suoi clienti? L'indagine interna messa a punto da Banca Intesa ha pensato di trovare subito i responsabili. In qualche modo l'azione dell'istituto di credito è quindi emersa prepotentemente. In piena bagarre dovuta al caso Caon , le associazioni di categoria dei bancari, pur nella difesa corporativa dei propri dipendenti, sono costrette a prendere atto del licenziamento in tronco di un altro funzionario, L.B., ritenuto in qualche mod coinvolto nella vicenda Caon . I sindacati decidono di scendere subito sul piede di guerra, esprimendo solidarietà ai risparmiatori traditi, e chiedendo a gran voce il reintegro del dipendente fino all'accertamento completo della verità. LA TIPOGRAFIA FALLITA - Seconda parentesi: come ha utilizzato i soldi succhiati ai risparmiatori l'ex bancario Caon ? Nel primo "memoriale" presentato in Procura a Venezia, l'ex funzionario aveva già dato delle spiegazioni. I soldi erano stati utilizzati inutilmente per salvare la tipografia Pistellato. Decisa la smentita dell'ex titolare Franco Pistellato che peraltro dice di conoscere a malapena Roberto Caon . Così, all'indomani di quel primo documento, e con il crac ormai finito sui giornali e con Caon sparito dalla circolazione, l'ex bancario, nonostante la bufera, accompagnato dal suo legale, si ripresenta al magistrato al quale presenta un secondo "memoriale" analogo a quello precedente, ma più circostanziato dal punto di vista finanziario, confermando di aver operato nel tentativo di vendere la tipografia Pistellato ad un nuovo acquirente, Bruno Marchesin, titolare di un'azienda di riciclo rifiuti, la Nuova Esa di Marcon, ma che l'affare sarebbe andato male per l'improvvisa scomparsa di Marchesin.
UN COMITATO DEI TRUFFATI - Ma non è tutto. Contemporaneamente i risparmiatori traditi non stanno con le mani in mano decidendo di rivolgersi ad alcuni avvocati di fiducia. Nel giro di pochi giorni, con l'ausilio e l'assistenza di due legali, Alessandro Vasta dello Studio Tonucci di Padova, e Daniela Ajese dello studio omonimo, i truffati si organizzano. Nasce un «comitato dei truffati» che, al di là di una richiesta di intervento nei confronti di Caon , punta ad ottenere il risarcimento danni da parte di Banca Intesa che ritengono, a loro parere, la diretta responsabile della vicenda. Nel frattempo, in pochi, si rivolgono alla magistratura veneziana con una denuncia penale. Le querele si contano - almeno fino a questo momento - sulle dita di una mano. Poi è cronaca di questi giorni con la trasmissione "Mi Manda Raitre" della settimana scorsa nella quale alcuni truffati hanno portato all'attenzione nazionale la vicenda del crac Caon con strascico di polemiche soprattutto da parte della difesa che ha accusato i partecipanti alla serata televisiva di "linciaggio" nei confronti dell'ex bancario.
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