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29/10/2009
DOPING - Medico senza scrupoli: obbligo di dimora per Enrico Lazzaro
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Padova - mercoledì 29 ottobre 2009 - E' tutto come uno squallido dejà vu. L'agenda del medico, innanzitutto con i suoi segni equivoci. Lo spagnolo Fuentes prediligeva i nomi dei cani dei suoi "assistiti"; da Birillo e Tarello, passando per Piti e Sansone. Lazzaro, il medico al centro dell'inchiesta "vai col doping" di cui la Guardia di Finanza ha presentato a Padova le conclusioni, usava un cerchietto con un puntino al centro per indicare la flebo (vietata se non per fini terapeutici) e la sigla "oz" per indicare l'ozonoterapia, la nuova frontiera del doping ematico che per la sua accessibilità (anche economica) sembra stia diffondendosi sempre più nello sport. Una pratica che gli esperti del pm Benedetto Roberti, hanno definito dopante a tutti gli effetti. Consentirebbe di sfruttare meglio l'ossigeno contenuto nell'emoglobina, cioè di trasportare più ossigeno ai tessuti, senza influenzare gli altri parametri, dunque risultando del tutto trasparente ai controlli antidoping. Una pratica pericolosa: provoca embolia e certamente non adatta ad una ragazzina di 15 anni. Una sportiva sana si presume, cui non basta l'alibi, subito confutato dagli esperti, di una dermatite. Non si cura la dermatite con l'ozonoterapia, caso mai l'impotenza (una ragazina di 15 anni?...). Una pratica allucinante che le immagini girate dalla GdF mettono in evidenza con crudo realismo. Lazzaro, già condannato per i fatti doping del Giro 2001 ed in via definitiva nel gennaio scorso (un anno e due mesi con la condizionale) preleva 200 cc di sangue, lo tratta con l'ozono con una macchina il cui uso non gli era consentito, essendo la pratica - ancora in fase di sperimentazione - riservata solo alle strutture pubbliche, lo mescola, lo arricchisce con vari prodotti, fra cui vitamine, freamine e ferro. E lo reinfonde alla giovane 15enne. Una, due, tre, quattro volte al mese; per mesi e mesi. Un trattamento che farebbe rabbrividire un malato cronico. Ma cui la giovane nuotatrice si sottopone paziente di buon grado. Vuole migliorare la sua prestazione nell'ambito della sua squadra, la Team Nuoto Veneto che, tirata in ballo nella vicenda già annuncia la costituzione di parte civile nel processo cui proprio oggi è stato rinviato Lazzaro, obbligato dal pm Roberti anche al domicilio coatto in quel di Abano Terme, nel timore possa reiterare il reato di favoreggiamento e somministrazione di prodotti dopanti. Vuole l'ematocrito al 50% la bambina, come emerge dalle intercettazioni; vuole sbalordire le sue compagne, nuotatrici di alto livello. Scherza e ride sotto gli occhi del padre che legge tranquillo il giornale mentre la figlia si sottopone a pratiche non solo vietate di regolamenti antidoping, come hanno precisato nelle loro perizie gli esperti del pm Dario D'Ottavio, ex membro della Commissione di vigilanza sulla legge 376 (antidoping) e Benedetto Ronci, eminente ematologo romano. Ma anche pericolose e certamente dannose per la salute. Non si finisce mai di allibire nel mondo del doping. Per le dimensioni di un fenomeno che dai professionisti ormai arriva a giovani e giovanisismi per approdare fino agli amatori, come prova proprio l'inchiesta di Roberti che si è allargata a 10 regioni dalla Sicilia al Veneto, Lombardia, Liguria, Toscana, Emilia, Marche, Abruzzo, Lazio, Campania e a 23 province. Trenta persone inquisite, fra cui 7 corridori professionisti. Dopata sotto gli occhi del padre, dunque, che da vecchio e probabimente "suonato" cicloamatore, non esita un attimo a ricorrere al medico più discusso del ciclismo nostrano. E adesso anche lui risulta essere inquisito e giustamente a rischio di perdere la patria potestà. E' la follia dello sport dei nostri giorni: la caccia alla prestazione a tutti i costi. Anche a costo della salute dei propri figli. (Eugenio Capodacqua - Repubblica)
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