Torino - sabato 24 settembre 2011 - «Non volevo essere da meno degli altri»: si è giustificato così, davanti al giudice, uno dei ciclisti dilettanti che ieri, a Torino, sono stati arrestati in un'inchiesta sulla diffusione del doping nello sport amatoriale. Alcune delle otto persone finite in carcere sono comparse a Palazzo di Giustizia per l'interrogatorio di garanzia e la maggior parte ha ammesso gli episodi contestati. Il gip Giuseppe Salerno e il pm Gianfranco Colace hanno potuto ascoltare racconti che illustrano un'abitudine molto diffusa tra i pedalatori della domenica: «Mi dopavo perché così andavo più forte», ha spiegato uno degli indagati, operaio in una ditta di telefonia. Ad essere falcidiata dalla raffica di ordinanze di custodia cautelare è la Miccoli, squadra amatoriale tra le più competitive e conosciute del Piemonte. In carcere è finito anche lo sponsor, l'imprenditore torinese Marco Ceresa, ciclista lui stesso: «Sono finito in questo giro e mi sono fatto prendere dalla voglia di vincere. Ma non ho mai venduto sostanze a nessuno». E parlare di «sistema Miccoli», come si è tentati di fare, sembra improprio: una delle persone interrogate stamani ha ammesso che aveva cominciato a doparsi molto prima di essere tesserato per la squadra. I corridori si sottoponevano a veri e propri cicli di Epo, ognuno dei quali costava dai 500 ai 600 euro. Servivano per non sentire la fatica durante l'allenamento - aumentando così la quantità di chilometri percorsi - e per accelerare i tempi di recupero. Tra gli arrestati c'è chi ha detto che riusciva a coprire, nel corso di un anno, 18 mila chilometri, e chi ha spiegato che l'acquisto dei medicinali vietati arrivava a spendere tremila euro. Un indagato, descritto come «uno che prima di doparsi riusciva a stento a restare nel gruppo», ad un certo punto ha cominciato a collezionare vittorie, raggiungendo quota quaranta. Gli avvocati difensori (Paolo Pacciani, Gianluca Giaraffo, Domenico Peila, Andrea e Michele Galasso) hanno chiesto la revoca o un'attenuazione della misura cautelare. Nel corso dell'udienza è stato affrontato anche il capitolo culturismo con interrogatorio di Gianfranco Fiume, boby builder di fama internazionale. «Ha risposto a tutte le domande - spiega il suo legale, Ombretta Gatti - e si è messo a disposizione per chiarire ogni profilo della vicenda. Ma non si deve parlare di confessione: il termine non corrisponde al contenuto delle dichiarazioni rese dal mio assistito». Lunedì verranno ascoltate le persone finite agli arresti domiciliari. In Procura c'è molta attesa per i verbali di Davide Posca, noto nell'ambiente come «il farmacista», che verrà interrogato a Pavia per rogatoria.
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