Milano - giovedì 30 novembre 2023 – Lo sport italiano piange Sante Gaiardoni, l'unico azzurro a vincere alle Olimpiadi di Roma '60 due medaglie d'oro, nel chilometro da fermo e nella velocità, protagonista del ciclismo mondiale in tutto il decennio successivo. Il campione è morto la scorsa notte vicino a Milano, dove si era presto trasferito da Villafranca di Verona, che gli diede i natali il 29 giugno 1939. La Capitale e il capoluogo lombardo sono stati i luoghi simbolo della straordinaria carriera del velocista e pistard, incardinata anche nella grande rivalità con il milanese Antonio Maspes, diventato un grande amico. Lo erano anche tanti volti dello spettacolo - come Walter Chiari e Maurizio Arena, che festeggiarono con lui il secondo titolo olimpico in una leggendaria notte in via Veneto -, per una vita di fatica e sudore ma vissuta sempre sotto i riflettori, negli anni della Dolce Vita, specie dopo le nozze nel 1963 con la cantante Elsa Quarta. Gaiardoni aveva cominciato la carriera nel tandem, conquistando il titolo italiano nel 1957 e nel 1958, arrivando alla consacrazione e alla fama nei Giochi olimpici di casa: il 26 agosto nel chilometro da fermo e tre giorni dopo, in uno storico bis, nella velocità. Una giornata di gloria, quel 29 agosto, che concluse lui in via Veneto, confuso tra la folla, con Arena e Chiari che romanescamente lo festeggiavano al grido di: «Gaiardò! Gaiardò! Gaiardò!». L'anno dopo diventò professionista, imponendosi, dopo averlo fatto da dilettante, anche nella rassegna iridata di Rocourt 1963, al termine di una sfida accesa con Antonio Maspes, suo eterno rivale tra i pro. La sua carriera piena di successi si concluse dopo aver conquistato la medaglia d'argento ai Mondiali di Leicester nel 1970. Il mondo di Gaiardoni e Maspes era soprattutto quello dei velodromi, che in quegli anni, dal Vigorelli di Milano all'impianto di Roma, fino alle grandi arene in Francia, Germania e Belgio, erano luoghi di sport e ritrovo, scommesse e intrighi, che culminavano nelle mitiche Sei Giorni. La rivalità tra Gaiardoni e Maspes si snodò per tutta Europa e divise gli appassionati in Italia, quasi accesa come quella antecedente tra Coppi e Bartali, mentre i bambini di allora si contendevano in spiaggia e nei cortili le biglie di plastica con le foto di quei campioni. Tra il veneto e il milanese nacque pian piano un'amicizia ancora più forte della rivalità, tanto che la morte di Maspes nel 2000, a 68 anni, fu un vero colpo per Gaiardoni: «Ci passavo spesso le serate e le domeniche, a parlare di ciclismo e di giovani atleti - disse quel giorno -, a ricordare le sfide. Con Antonio se ne è andato un pezzo della mia vita». Dopo il ritiro, il campione aprì un negozio di biciclette al Giambellino, nell'ormai “sua” Milano, dove si impegnò sempre per lo sviluppo dell'uso delle due ruote a pedali, tanto da farne uno dei punti fermi del suo programma quando si candidò a sindaco nelle elezioni 2006, vinte da Letizia Moratti. Una piccola delusione, ma preventivata, ben diversa dal forte dispiacere che fu per lui, sue anni dopo, la demolizione del velodromo olimpico all'Eur, dove aveva fatto la storia dello sport italiano: «È un pugno nel cuore», disse. Come lo è in qualche modo la scomparsa di Gaiardoni per tutto lo sport italiano. «Un pistard unico, un campione che da Roma '60 è di diritto nell'olimpo dello sport», dice di lui il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che nel 2015 gli conferì il Collare d'Oro al merito sportivo. |