Asiago (Vicenza) – domenica 13 ottobre 2024 - Dieci titoli mondiali, 5 Europei e 40 (sì, proprio 40) maglie tricolori di campione italiano tra strada e mountain bike. Silvano Janes è stato certamente il ciclista più vincente tra gli amatori in Italia, forse addirittura nel mondo. Se n'è andato pedalando, in bicicletta, dove aveva trascorso gran parte della sua vita, durante la prova dei campionati europei di gravel di Asiago, disciplina alla quale si era avvicinato negli ultimi anni. Dopo pochi chilometri, durante la prima tornata, il suo cuore ha smesso di battere e ogni tentativo di rianimarlo è risultato vano. Nel 2015, a 60 anni, aveva di fatto smesso di correre, però continuava ad allenarsi quotidianamente e partecipava a due - tre gare l'anno. Le più importanti. E, infatti, due mesi or sono si era laureato campione italiano master proprio nel gravel. Un amore, quello per la bicicletta, sbocciato a metà degli anni '70: il "Tasso" giocava a calcio (era piuttosto bravo, visto che sostenne anche un provino con la Fiorentina) e si era infortunato gravemente ad un ginocchio. La riabilitazione lo aveva portato in sella ad una bicicletta e, da allora, non ha più smesso di pedalare. Una breve esperienza tra i dilettanti, ma la pratica non era compatibile con il lavoro e, allora, la scelta di diventare "amatore". Per modo di dire, però, perché di amatoriale nei suoi allenamenti e nel suo modo di vivere la bici non c'era nulla. La frase più ricorrente è: "se avesse cominciato da bocia con la bici sarebbe diventato un signor professionista". Tutto il mondo del ciclismo trentino lo piange perché, pur non essendo mai stato "pro", i "big" delle due ruote trentini li ha conosciuti tutti, si è allenato con loro, li ha "accompagnati" durante la carriera. E, sono loro stessi a dirlo, Silvano era un punto di riferimento, visto che organizzava allenamenti "lunghi", uscite tra campioni, a cui partecipavano Fondriest, Simoni, Bertolini, il biker Martino Fruet, Oss, Casagranda e Trentin. E, prima ancora, si era allenato con Moser al passo Fedaia, lui preparando il record dell'ora Amatori, poi stabilito al velodromo di Bassano del Grappa. In tanti oggi lo piangono, ricordando la sua inconfondibile risata, con cui accompagnava le battute che, molto spesso, faceva su se stesso. "Con lui ho fatto, credo, un quarto di milione di chilometri in bicicletta - racconta commosso il levicense Martino Fruet, terzo al Mondiale Under 23 di mountain bike nel 1999, alle spalle di Marco Bui e Cadel Ewans - e sono stato certamente il "coridor", come diceva lui, con cui si allenato di più. L'ho sentito giovedì: mi ha chiesto un consiglio su come avrebbe dovuto alimentarsi in vista della gara odierna. Gli ho detto ridendo: guarda che 50 chilometri per te sono uno scherzo, fai quello che hai sempre fatto. E lui mi ha risposto: "Sì, è vero, te g'hai reson". Il "Jay" se n'è andato come avrebbe voluto, in bicicletta, ma l'ha fatto troppo presto. Poteva aspettare ancora un po', perché questa è una notizia di quelle che fanno tanto male. Avrei migliaia di aneddoti da ricordare. Che so: lui andava in bici tutto l'anno, anche in inverno. Quando la stagione per i "pro" ripartiva, a gennaio la sua "gamba" era migliore rispetto a quella di tanti professionisti. E, allora, capitava che ci staccasse sulle salite, perché andava fortissimo. Stava dietro a Fondriest, che partiva prima degli altri perché voleva far bene la Sanremo. E il Silvano riusciva a essere lì con lui. La sua risata, invece, me la porterò dietro per sempre: l'ho conosciuto nel 1993 e, al mio primo campionato italiano di mountain bike, dormii in stanza con lui, che era molto più grande di me e mi prendeva in giro perché abbracciavo il cuscino. Pomeriggio ero a vedere Pogacar al festival dello sport: quello che doveva essere una bellissima giornata è diventata pessima. Mi mancherà un sacco". Con i professionisti della strada si allenava eccome e non solamente quando questi dovevano "recuperare". Certo che no, organizzava le uscite "in gruppo" e lui, che di anni ne aveva tanti in più, si metteva davanti a "tirare". Andava forte e, soprattutto, era un grande motivatore. "Jay era un punto di riferimento - gli fa eco Gibo Simoni -, una costante, un gran collante e poi andava forte. Trasmetteva sempre grande entusiasmo, non era mai negativo: chi voleva divertirsi andando in bici lo doveva fare con lui. Aveva una passione incredibile e una costanza d'allenamento pazzesca. Non l'ho mai visto, durante un allenamento, mettersi in modalità "eco", al risparmio. Anzi, si metteva anche davanti e tirava, tenendo altissimo il ritmo. Era classico dire: io vengo da questa, l'altro da quell'altra parte. Bom sentiamo il Silvano e vediamo dove trovarci. A quasi 70 anni aveva un fisico incredibile, invidiabile da chiunque. Quello che è accaduto è incredibile: scherzando, con il nostro gruppo e tra amici, dicevamo che "Jay" se ne sarebbe andato pedalando, visto che ha sempre fatto quello nella vita. E' stato così, purtroppo: la notizia è stata terribile. E pensare che aveva cominciato per rimettersi in piedi dopo un infortunio che gli era capitato giocando a calcio: aveva un gran talento, ma quando ha iniziato era già un po' grandicello, se avesse iniziato prima sarebbe diventato un ottimo corridore. Per noi, che eravamo professionisti, era un piacere condividere il tempo e le uscite con lui. Lo ripeto: era un punto di riferimento vero e un grande amico". Silvano Fontanari, presidente dell'Asd Brao Cafè - Unterthurner, lo ha visto pochi giorni fa. Anzi lo vedeva tutti i giorni e, durante l'ultimo incontro, gli aveva consegnato la maglia "griffata" con cui ha preso il via all'Europeo Master di Gravel. Dal 2005 al 2015 Silvano Janes è stata la "punta di diamante" della sua squadra, negli ultimi anni partecipava a poche e mirate gare, difendendo sempre i colori del club di Fontanari. Che, con lui, trascorreva almeno un'ora al giorno. Presidente e atleta ma, soprattutto, amici. "Tutti i giorni - ricorda ancora incredulo Fontanari - alle 17.15 veniva puntualmente presso la nostra sede in via Degasperi e restava un'oretta. Si parlava quasi esclusivamente di ciclismo assieme agli altri "vecchi" del gruppo e, quando mi hanno detto che Silvano era morto, non ci volevo credere. Fatico, tutt'ora, a realizzare quanto accaduto. Gli avevo consegnato la maglia che indossava quest'oggi al campionato europeo: due mesi fa aveva conquistato il titolo italiano Master di gravel e, dunque, la divisa andava aggiornata con gli sponsor. Sono sconvolto, aveva 69 anni e un fisico bestiale. Ad Asiago era lì con Andrea Rossi, che si occupava dell'assistenza. Non vedendolo arrivare, visto che transitava sempre con i primi, si è preoccupato e gli hanno detto che c'era un morto. E' assurdo: con noi ha vinto tutto quello che poteva vincere dal 2005, anno in cui è arrivato dalla Carraro, al 2015. Poi ha deciso di rallentare, ma quelle due - tre corse l'anno a cui partecipava le affrontava, ovviamente, per vincerle. Sabato prossimo avevamo in programma un pranzo a Tirolo assieme a tutto il gruppo che, ovviamente, è stato rinviato. Un ricordo? Lui faceva parte della mia quotidianità: ne avrei troppi. Era un vincente, un agonista, una brava persona, un amico". Bepi Zoccante, per decenni presidente della Federciclismo trentina, non ha dubbi: Silvano avrebbe potuto fare il professionista se si fosse avvicinato prima alla bicicletta. "Senza dubbio - spiega Zoccante - e con la sua scomparsa se ne va una parte importante del ciclismo di casa nostra. E' stato "l'Amatore" più vincente d'Italia e forse di tutto il mondo, perché ha conquistato un'infinità di titoli, passando dalla strada alla mountain bike, dove è stato uno dei precursori. Ultimamente si era dedicato al gravel, una nuova sfida affascinante per lui, che era un agonista vero. Le due ruote le ha sempre avute nel sangue. Ha partecipato a tutte le corse che abbiamo organizzato anche noi come Cc Francesco Moser, vincendole tutte tra l'altro. E poi ricordo il record dell'ora della categoria Master stabilito a Bassano del Grappa, l'ennesima impresa di una carriera che l'ha visto conquistare un numero incredibile di successi. Oltre allo straordinario atleta, voglio ricordare anche l'uomo Silvano, mai esagerato, sempre di compagnia e con la battuta pronta. Una bella persona. E' scomparso facendo quello che più amava. Ho perso un amico". (il dolomiti) |